lunedì 23 gennaio 2017

ACAB - All Cops Are Bastards


Ecco in questo momento vorrei avere qui davanti Stefano Sollima e fargli questa semplice domanda: “E tu da dove diavolo salti fuori???”.

Tre poliziotti della squadra mobile, tre celerini, fanno i conti con il loro lavoro, presso lo stadio, presso le case, presso la strada. Ma fanno i conti anche con la loro vita, e francamente si fa fatica a capire quale delle due cose sia peggiore. In questo gruppo cerca di inserirsi una giovane recluta, che faticherà non poco ad accettare i “metodi” violenti dei suoi compagni...
Infatti tra culto dell’ideologia fascista e filosofia della giustizia “fai da te” nata dalla vita di strada, i tre celerini cercheranno di far rispettare le loro regole. E a modo loro.

Tratto dal libro omonimo di Carlo Bonini, ACAB traccia un quadro abbastanza crudo e realista di ciò che avviene nelle tanto criticate (molto spesso a ragione) squadre mobili della Polizia di Stato e lo fa con la straordinaria capacità di non schierarsi da nessuna parte.

In effetti poco prima di iniziare la visione la domanda che mi sono inevitabilmente posto è stata “Da che parte sarà schierato? Ci farà vedere i poliziotti come povere vittime indifese di una banda di selvaggi violenti? O ci farà vedere i poliziotti come dei macellai senza scrupoli pronti a manganellare senza pietà i poveri reietti della società?”. Niente di tutto questo.

Si passa dallo sfollamento di case occupate da povera gente senza un tetto, alle manganellate rifilate a branchi di tifosi selvaggi pronti ad uccidersi per una fede calcistica; dallo sfollamento di un campo di poveracci pieno di donne e bambini, alla punizione rifilata ad un gruppo di rumeni che pisciano nel parco e chiedono soldi a tutti con metodi intimidatori, e di volta in volta ti ritrovi a stare da una parte e poi dall’altra, montando rabbia senza mai riuscire a condannare nessuno veramente.

La conclusione cui si arriva al termine della visione è che poliziotti e poveracci siano le due facce di una stessa medaglia, quella delle vittime di uno Stato completamente assente (significativo il fatto che lo si nomini spesso nel film, senza che compaia mai alcun rappresentante?), che è stato capace di ingrassarsi alle spalle di una guerra tra poveri che non avrà mai un vincitore, ma solo due perdenti.

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Simbolicamente molto significativo l’ultima incursione nel centro sociale fascista, dove c’è lo scontro di due gruppi ideologicamente quasi identici. A distinguerli non c’è neanche la divisa, ma solo il gruppo d’appartenenza.
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In conclusione da una parte c’è chi tenta di sopravvivere, dall’altra c’è chi in teoria dovrebbe far rispettare le regole. Già, ma quali?

Il senso della domanda che mi ponevo all’inizio della recensione sta nell’aspetto tecnico del film. ACAB rappresenta l’opera prima, e che a me risulti per ora unica, di Stefano Sollima, che finora si era cimentato solo in serie tv. E devo dire che se questo è il suo esordio, c’è la possibilità che il nostro cinema possa annoverare qualche bella perla nel suo prossimo futuro.

ACAB è veramente ben girato, con uno stile decisamente internazionale, soprattutto nelle scene d’azione, molto cupo, un’ottima scelta delle colonne sonore e una recitazione di tutto rispetto, affidata a tre attori (anzi tre + uno) veramente efficaci e credibili, aiutati probabilmente da un dialetto (il romano) che si presta molto alla vita da strada.

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La scena in cui i quattro poliziotti vanno a “ripulire” il centro sociale fascista è sottolineata dalle note di “Where is my mind?” dei Pixies (che chiudeva la scena finale di Fight Club...) e ciò è meritevole di un applauso.
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Insomma, per concludere siamo di fronte all’ennesima dimostrazione che quando film di questo genere li facciamo noi italiani, vengono fuori lavori di pregevolissima fattura. Altro che le cazzate americane, intrise di ipocrita nazionalismo.
I Vanzina devono morire.


"- Stamme a sentì Costantini, non è mettendo le mani addosso alla gente che fai bene questo lavoro!
- Perchè buttà ‘n mezzo a ‘na strada la gente te pare ‘n lavoro?"

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