mercoledì 25 gennaio 2017

Il nome della rosa


Confesso di non aver (ancora) letto il libro di Umberto Eco da cui questo film è tratto. O meglio, avevo iniziato a leggerlo sull'aereo, mentre andavo in Brasile, ma la mia distrazione me l'ha fatto lasciare nel cassettino del sedile durante il viaggio d'andata...dopo si e no 20 pagine.

1327 d.c. In un’abbazia benedettina del Nord Italia deve svolgersi un importante concilio francescano, ma il convento viene sconvolto da alcuni inquietanti delitti. Guglielmo Da Baskerville, giunto sul luogo per partecipare al concilio, viene pregato dall’abbate di indagare sul mistero vista la sua esperienza passata nella Santa Inquisizione. Nelle sue indagini verrà aiutato da Adso Da Melk, suo novizio.

Benchè non si tratti di una trasposizione fedele, Jean-Jacques Annaud realizza un film davvero molto bello e coinvolgente. Il racconto si muove lungo due binari paralleli: da una parte si tratta di un thriller ben congeniato, che offre il giusto livello di suspance, aiutato sicuramente anche dall’atmosfera cupa e selvaggia di un rigido inverno medievale; dall’altro offre una dura critica di come una visione integralista e manipolata della religione sia stata capace di alimentare negativamente uno dei momenti più bassi della storia dell'uomo.

L’imponente biblioteca resta il simbolo di un uomo in grado di costruire un vero tempio di conoscienza e allo stesso tempo tenerne lontano il popolo, poichè un popolo ignorante è più facilmente malleabile e controllabile.

E benchè il cristianesimo sia ormai lontano (?) dagli integralismi dei secoli bui, ci sono ancora religioni/culture che non si allontanano molto da quello che viene mostrato in questo film.

Ottimo Sean Connery, perfetto nella parte del mentore.

Nei titoli di testa non è stato scritto “tratto dal romanzo di Uberto Eco”, ma “tratto dal palinsesto de Il Nome Della Rosa di Umberto Eco”. Si tratta infatti di una trasposizione libera e autonoma, ma effettuata comunque con il consenso dell’autore.

Dice Umberto Eco: "Annaud ha deciso di definire nei titoli di testa il suo film come un palinsesto dal Nome della rosa. Un palinsesto è un manoscritto che conteneva un testo originale e che è stato grattato per scrivervi sopra un altro testo. Si tratta dunque di due testi diversi. Ed è bene che ciascuno abbia la sua vita. Annaud non va in giro a fornire chiavi di lettura del mio libro e credo che ad Annaud spiacerebbe se io andassi in giro a fornire chiavi di lettura del suo film. Posso solo dire, per tranquillizzare chi fosse ossessionato dal problema, che per contratto avevo diritto a vedere il film appena finito e decidere se acconsentivo a lasciare il mio nome come autore del testo ispiratore o se lo ritiravo perché giudicavo il film inaccettabile. Il mio nome è rimasto e se ne traggano le deduzioni del caso."

Curiosità: Franco Franchi era stato scelto per il ruolo di Salvatore (il frate gobbo), ma poichè si rifiutò di rasarsi i capelli, il ruolo fu dato ad un allora sconosciuto Ron Perlman.

Vediamo infine di dare una interpretazione (non mia) della famosissima frase che nel film compare prima dei titoli di coda (naturalmente ripresa dal libro): stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus. Si tratta di una locuzione latina variazione di un verso del De Contemptu Mundi di Bernardo Cuniacense, un monaco benedettino del XII secolo. Bernardo intendeva sottolineare come di tutte le cose grandi del passato (grandi città, personaggi, principesse...) alla fine non ci rimanga nulla che un nome. Il verso originale recitava stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus [della Roma antica ci resta solo il nome].


"La sola prova dell'esistenza del diavolo, è il nostro desiderio di vederlo all'opera."

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